Gli ultimi mesi sono stati caratterizzate da uno scenario macro economico complesso a livello globale: la guerra in Ucraina ha generato una crisi di offerta delle principali materie prime – petrolio, gas e grano in primis – determinando un contestuale innalzamento dell’inflazione.

In Italia a Luglio 2022 secondo l’ISTAT l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), ha registrato un aumento dello 0,4% su base mensile e del 7,9% su base annua (da +8,0% del mese precedente).

Contestulamente, l’ISTAT ha stimato una diminuzione sia dell’indice del clima di fiducia dei consumatori (da 98,3 a 94,8) sia dell’indice composito del clima di fiducia delle imprese (da 113,4 a 110,8).

Le politiche delle principali Banche Centrali del mondo non hanno dunque tardato per cercare di ridurre l’inflazione, naturalmente intervenendo sui tassi di interesse.

Giulio Mariani
New Technologies Manager
Experian

Lo scorso 22 Luglio, la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde si è espressa con le seguenti parole: “in linea con il nostro forte impegno ad assolvere il mandato di preservare la stabilità dei prezzi, il Consiglio direttivo ha adottato ulteriori misure fondamentali per assicurare un ritorno dell’inflazione verso il nostro obiettivo del 2% a medio termine. Abbiamo deciso di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE e abbiamo approvato lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria (Transmission Protection Instrument, TPI).”

Con l’aumento di 50 punti base deciso dalla BCE sul costo del denaro, scatta l’aumento immediato degli interessi sui mutui a tasso variabile indicizzati al tasso di Francoforte, che tuttavia sono una quota trascurabile rispetto ai mutui variabili parametrati all’Euribor, da anni molto più conveniente e pertanto quello più diffuso anche in Italia tra i finanziamenti casa concessi dalle banche alle famiglie che non hanno optato per il mutuo fisso.

In realtà, i mutui variabili legati all’Euribor hanno già scontato un lieve rialzo a inizio mese hanno in parte scontato il primo aumento deciso a giugno, quello di 25 centesimi.
L’ Euribor a 1 mese, infatti, dal 1° luglio era già salito da -0,51 a -0,26% e quello a tre mesi da -0,18 a +0,13, tornando su territorio positivo dopo 7 anni di valori negativi.

Contestualmente l’indice IRS – a cui sono agganciati i tassi di interesse per i mutui a tasso fisso – con durata 20 anni, è passato dall’1,10% medio di marzo al 2,22% medio di luglio.
Tuttavia, il trend di crescita sembra essersi temporaneamente arrestato e l’IRS 20 anni, dopo aver toccato un picco del 2,58% a fine giugno, si sta progressivamente stabilizzando attorno al 2,10%.

In questo scenario di aumento del costo del denaro, banche e finanziarie saranno dunque portate ad adeguare le proprie offerte commerciali su tutti i principali prodotti: dai mutui, ai prestiti personali, ai prestiti finalizzati e infine le carte di credito e i conti correnti.

Per questi motivi, la grande sfida che attende dunque il reparto finanziario nel suo complesso sarà supportare il credito di famiglie ed imprese in uno scenario volatile ed estremamente competitivo.

Experian ha recentemente pubblicato i dati del Rapporto sul Credito Italiano: i dati relativi al mese di giugno 2022 fotografano una situazione di relativa stabilità per quanto concerne le richieste di prestito. In particolare, il confronto con i dati di maggio evidenzia un leggero calo del prestito finalizzato (-5,01%), abbinato a un lieve risultato positivo del prestito personale (+0,49%). Continua invece la frenata dei mutui con un importante -11,01%, frutto della situazione di incertezza economica che stiamo vivendo.

Nelle abitudini degli italiani intanto si registra un aumento di richieste di mutui a tasso variabile con CAP, che infatti hanno visto un aumento di oltre il 10% delle richieste nel secondo trimestre rispetto al primo del 2022.